Con una storica sentenza (C-268/24), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato illegittima l’esclusione dei supplenti brevi dalla Carta del Docente: il bonus da 500 euro annui finora riservato solo ai docenti di ruolo e ai supplenti con contratto al 30 giugno o 31 agosto.
Secondo i giudici europei, tale esclusione viola il diritto comunitario e in particolare la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE. Una decisione che apre finalmente alla possibilità di ottenere il bonus anche per i contratti brevi, e che rappresenta una svolta epocale per migliaia di docenti precari.
La Corte ha respinto ogni giustificazione avanzata dallo Stato italiano: la breve durata del contratto non può giustificare un trattamento economico deteriore. I giudici hanno ricordato che l’attività didattica svolta dai supplenti brevi è identica a quella dei colleghi di ruolo, e che quindi va riconosciuto lo stesso trattamento economico e professionale.
“L’attività educativa – si legge nella sentenza – non dipende dalla durata del rapporto di lavoro, ma dalla natura delle mansioni effettive.”
Il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato è ormai consolidato nella giurisprudenza europea (vedi anche la sentenza C-450/21). Questa nuova pronuncia obbliga i giudici italiani a disapplicare la norma nazionale nella parte in cui esclude i contratti brevi dal beneficio.
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Lo Studio legale Bongarzone & Zinzi, che ha già ottenuto importanti vittorie legali in favore dei precari della scuola, ha avviato le adesioni per il nuovo ricorso dedicato ai supplenti brevi, in seguito alla sentenza della Corte UE.
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Attenzione: il diritto è soggetto a prescrizione quinquennale. Ogni anno che passa si rischia di perdere definitivamente 500 euro di bonus.
Ricordiamo che lo Studio Bongarzone & Zinzi segue con successo anche altri importanti ricorsi per i precari della scuola:
Questa sentenza dimostra ancora una volta l’importanza dell’azione legale per il riconoscimento dei diritti dei precari. Il legislatore italiano è ora obbligato ad adeguarsi, ma solo il ricorso individuale consente di recuperare quanto spettante.
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